venerdì 24 febbraio 2017

Fuori controllo


FUORI CONTROLLO

(Un racconto breve ispirato al brano dei Negrita)

Forse sono solo un satellite
(Fuori controllo)
Una porta che sbatte
(Fuori controllo)
Una distrazione, un'aberrazione, un giubbino di pelle nera fuori stagione

(Negrita)


Era solo un giubbotto di pelle nera fuori stagione. Stava appeso da tempo in quella cantina umida. Già, le cantine sono umide e i cuori spezzati, a volte. Sarebbe molto più comodo il contrario, ma non è così, e prima ti abitui, prima cominci a vivere. Forse era solo una luce, che esplose in cielo, forse era fame di vivere, forse disillusione.

Nell'aria della notte c’era un sibilo lieve e continuo a tener compagnia alla solitudine dei suoi pensieri. Beltà, Verità & Menzogne. Come un canale tematico sintonizzato sul dolore. Come un giubbotto di pelle nera, fuori stagione. Qualcuno lo aveva riposto in quella cantina. Due mani tremanti, forse due mani bramose, premurose, che avevano girato chiavi, smosso acque stagnanti e sorretto mondi invisibili.

Perché in fondo, le cose che più contano, alle volte, sono piccole, cagionevoli, proprio come rare piante che hanno bisogno di cure, e che si ritrovano a dover essere accudite da mani inesperte e traballanti. Mani sempre calde, con una temperatura che non ha bisogno di essere misurata, perché vive di bagliori smisurati, perché vive, perché?

Forse era solo un fragore, che si sentì nell'aria, forse era solo trasporto. In una notte inaffondabile viaggiavano entrambi, e senza mai incontrarsi si muovevano, nel vento che gridava rancore, nel vento, come se ci fosse una consegna che doveva essere eseguita.

Tutto quello che siamo è pensiero, tutto ciò che diciamo è calore. Anche le cose che restano a metà nel nostro esofago, anche le parole inascoltate e le preghiere che non vengono enunciate. Un corpo nudo, sopra un giaciglio, un cuscino che fa da colonna sonora al solipsismo, alla disperazione. Dannato vivere. Non tutti hanno un giubbotto di pelle nera, non tutti hanno una cantina umida. Molti provengono da una caverna dove sono state spezzate catene, dove sono state fatte promesse, a se stessi per lo più.

Contano lo stesso, contano permesso. Permesso, si può? 

Lui si muove, con passo lento e sgraziato, nella notte, in preda a tormenti, immerso nei pensieri, angelo guarda al passato, immerso, sprofondato in una malinconica rassegnazione. Ripensa a quello che c’è stato e a quello che non più sarà. Non c’è più tempo per la dolcezza, lo zucchero per essere sciolto perfettamente necessita di temperature elevate, di tempo e di una mano sapiente che mescola, gira, gira, in un moto infinito, come il Nostro Pianeta, come un Nostromo pazzo, che pensa solo a carezzarsi la barba e non si cura della rotta e non bada alle stelle che non sono più visibili ora.

Il cielo stellato è andato in tilt. L’equipaggio ha strippato. Il suo giubbotto nero di pelle luccica, mentre attraversa una notte infinita, inaffondabile. Ripensa a quella camera da letto, dove zanzare, rumori e umori suonavano come una rapsodia atlantica, una suite di incomprensioni e desideri, una sezione d’archi condotta come se non ci fosse un domani, come se il giro di ruota fosse solo un trucco: un espediente per tornare a vivere, a lottare, forse anche a respirare, Gloria, manchi tu, Gloria manchi. E’ una notte che dura un giorno, e la luce si nasconde per timidezza dietro un cappotto lungo. Il Nostromo ha occhi gonfi e lucidi, e occhi chiari che fendono la notte come se fossero due lame. Io non ho visto niente, io non ho fatto niente. Cronaca di un tradimento mancato. Dove siamo diretti?

Non c’è niente da fare, questo cielo maculato è andato in tilt. L’equipaggio si sente perduto, ora e nell'attesa di un diluvio che non vuole arrivare. Il giubbotto nero di pelle del capitano pare luccicare, mentre attraversa una notte infinita, inaffondabile. Memorie di battaglie mai combattute, e di emozioni celate, soffocate sotto una scorza dura, come quella di un mollusco.

Il mare disfa ogni cosa e il sale corrode lo scoglio della mente. Una volontà forte, impenetrabile. Uno sguardo fiero e perso tra l'aldilà e la terra ferma, tra il delirio e la volontà di ritorno.

Eppure lui è ancora lì, dentro una valigia di ricordi e sotto un cielo di guai. Sempre pronto alla ventura, non ha speranze e non si fa illusioni. Qui non c'è lieto fine, qui si brucia davvero, perso in balia della rosa dei venti, egli va, un moderno Odisseo, un incatenato Achab alle sue paure, ai suoi tormenti che lo tengono in vita, assieme a quel giubbotto nero di pelle, che luccica, dentro una notte che non vuole ancora cedere il passo alla luce.

Nel mare ogni cosa assume dimensioni extratemporali. Non ci sono incroci, non si avvertono coincidenze. Anche lo sguardo più attento a volte non vede altro che acqua.

Si respira e si vira, si respira sotto coperta, si sente tutto, come ogni buon cambusiere sa, non è permesso alcun errore, riporre vivande vuol dire garantire la sopravvivenza ai propri uomini, e non è sempre e solo merito del timoniere e la bussola bisogna averla fissa in mente. La responsabilità non si divide, oggi, e non c'è alcuna forma di democrazia, nella vita così come nella navigazione. C'è sentimento e c'è rimpianto. Ci sono visioni e aspettative. Ma dura tutto molto poco, sono come dei fuochi di Sant'Elmo e il buon marinaio questo lo sa, non ha altro che questa tenue speranza, di poter vedere un bagliore, una luce che non c'è. A ogni scalo un nuovo scampolo di tenerezza. Vale solo il ricordo di ciò che è successo. Vale solo il ricordo… di ciò che è il successo. Il passato non è una coperta che tiri fuori dall'armadio se senti freddo, è qualcosa di più...

Il marinaio scelto ripensa ancora a quella camera da letto, dove zanzare, rumori e umori suonavano una rapsodia atlantica, una suite di incomprensioni e di desideri, una sezione d’archi condotta come se non ci fosse un domani, come se il giro di ruota fosse solo un trucco, un espediente per tornare a vivere, a lottare, forse anche a respirare, Gloria, manchi tu, Gloria manchi. E’ sempre lo stesso pezzo, è sempre lo stesso cuore spezzato. E’ una notte che dura un giorno, e la luce si nasconde per timidezza dietro un cappotto lungo.

Era solo un giubbotto di pelle nera fuori stagione. Stava appeso da tempo in quella cantina umida. Già, le cantine sono umide e i cuori spezzati. Sarebbe molto più comodo il contrario, però nella vita e in questo mondo tutto ciò che è comodo non è reale, è finto come un tappeto da centro commerciale in offerta. Ci sono tanti tappeti che restano invenduti, non è solo la sua storia che resterà nello scaffale. Dovremmo creare una memoria supplementare per conservare anche le cose che non accadono, quelle cose che disperatamente vorremmo fossero reali, come per i produttori di tappeti scadenti. Credete fosse quello il loro sogno e la loro aspettativa?

Tutti quanti da bambini sognavamo di guidare una nave nella notte, di avere una barba da Nostromo, e di essere diretti verso il nostro destino di una battaglia infinita, combattuta però a colpi di cannone e di sciabola, e non di click, link e share.

Sono arrivato alla conclusione che noi esseri umani quello che davvero siamo bravi a fare non è pensare né agire, né costruire, ma soffrire. Siamo bravi come pochi a soffrire e ad adattarci alle storture della vita, del pianeta e della biologia.

Il vento sta cambiando e il sole splende
C’è chi lotta e chi si arrende
C’è chi dice cose nuove
C’è chi è morto e non lo sa

(Negrita)

FUORI CONTROLLO - UN RACCONTO BREVE DI DARIO GRECO





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