martedì 14 maggio 2013

Musica X Perturbazione / Retromania di Simon Reynolds


Ho da poco letto "Retromania", il saggio di Simon Reynolds in cui vengono analizzate in maniera lucida e anche abbastanza inquietante, le conseguenze che la disponibilità illimitata di musica ad accesso immediato sta avendo nella nostra vita.

Abbiamo troppa musica, è il succo del discorso, e rischiamo di fare indigestione. Soluzione? Nessuna, perché occorrerebbe tornare indietro e indietro non si torna. Potremmo però imporci dei limiti, cercando di scaricare meno dischi e magari tornare a comprarne qualcuno ogni tanto, ascoltandoselo poi alla sera, brano per brano, seduti in poltrona e leggendo i testi dal booklet.

La musica dovrebbe tornare ad essere un bene di valore, una forma d'arte che richiede impegno e dedizione, non più un semplice prodotto di consumo a far da contorno alle situazioni più disparate.

Ho letto questo libro e ho pensato: "Bello", con quell'inevitabile autocompiacimento che si prova quando qualcuno più autorevole di te dice qualcosa che già da un po' avevi notato. In effetti è da qualche tempo che ho diminuito il numero dei miei download e continuo a considerare inimitabile il suono del cd (sono troppo giovane per essere cresciuto col vinile). Rimango un acquirente e un consumatore di musica originale, benché (e questo è un bene) la facilità dell’ascolto “preventivo” mi abbia più volte evitato certe clamorose cantonate tipiche dell’adolescenza (chi di voi non ha mai comprato un disco a partire dalla copertina, alzi la mano).

Poi arrivarono i Perturbazione. O meglio, arrivò "Musica X", il loro sesto album. Non so se sapete chi sono i Perturbazione. Vengono da Rivoli, provincia di Torino, e sono semplicemente il miglior gruppo italiano oggi in circolazione. Certo, è un’opinione. Però ascoltateli comunque e provate a dirmi se non è un’opinione che può reggere.

La cosa interessante di "Musica X", è che è pubblicato da Mescal, ma uscirà per tutto il mese di maggio in allegato alla rivista XL, quella del gruppo di Repubblica, per intenderci. Un cd allegato ad una rivista, cosa che di solito si fa con quelle operazioni nostalgia tipo recupero in toto del catalogo di un gruppo o cose così. Un nuovo album nelle edicole, a ben vedere, è la totale negazione di una certa logica snob per cui ciò che vale deve per forza essere legato ad una dimensione esoterico-iniziatica.

E invece i Perturbazione se ne fregano alla grande: non solo difendono entusiasti questa operazione in quanto occasione privilegiata per portare la loro musica anche a chi non ha mai sentito parlare di loro, ma proclamano fieramente che la musica deve riuscire ad arrivare in ogni luogo e in ogni modo. Insomma, l'esatto contrario di quanto afferma Reynolds. Perché, come mi hanno detto recentemente quando li ho intervistati: "Lui è un intellettuale e certi discorsi può permetterseli, noi siamo musicisti, ci interessa fare un disco che sia pop nel vero senso del termine, che riesca cioè ad arrivare a tutti".
E così, per la prima volta nel panorama musicale cosiddetto “indie” italiano, abbiamo una band che afferma chiaramente di voler andare a San Remo e di voler suonare al concerto del primo maggio. E che reputa assurdo il fatto che certi gruppi passino più tempo a cercare di spiegare perché ci sono andati, piuttosto che cercare di capitalizzare il risultato ottenuto con questa partecipazione.

Poi senti il loro cd e di colpo capisci tutto: al di là delle pesanti escursioni in campo elettronico (dietro la consolle c'è Max Casacci dei Subsonica ma giurano che la responsabilità del cambiamento è tutta loro), "Musica X" è in tutto e per tutto un disco dei Perturbazione. Forse un po' più allegro dei precedenti, forse più sintetico e diretto nella comunicazione del messaggio, risulta comunque composto da grandissime canzoni. Canzoni che sono pop, nel senso più vero del termine, dove "pop" è un dato di fatto e non un insulto.
Quando è così, è più che giusto che questo disco arrivi nelle case di tutti gli italiani. Perché se una canzone può salvarti la vita, può anche farlo dal palco dell'Ariston. “Per ricordarci che la musica è la fuori, che noi cantiamo per non esser soli”, dicono negli ultimi versi della title track.

Forse non siamo ancora giunti al capolinea. Forse.

Luca Franceschini

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