"Ci sono coloro i quali adorano la solitudine, io non sono uno di loro, in quest'era di vetroresina sto cercando una gemma. La sfera di cristallo lì sul muro non mi ha ancora mostrato nulla, ho pagato il prezzo della solitudine ma finalmente non ho più debiti." (Bob Dylan)
Tre mesi fa, senza rendermi conto mi imbarcavo in questa retrospettiva
critica dedicata alla produzione in studio di Bob Dylan. Trentanove album,
oltre 50 anni di musica, attraversando epoche, stili e generi differenti. È
stata un'impresa non da poco. In effetti è stato utile in certi frangenti
distaccarsi, svuotare la mente e fare tabula rasa rispetto ad alcuni
preconcetti che in oltre 20 anni di ascolto si erano accumulati. Il risultato è
la riscoperta di un artista che ha influenzato almeno un paio di generazioni di
musicisti, ma che raramente è riuscito a entrare nei cuori e nelle menti del
suo pubblico.
Una storia professionale, dove i bassi superano abbondantemente gli alti,
ma del resto quando produci, scrivi e registri musica per oltre 50 anni: il
rischio c'è, eccome. Eppure ci sono lavori (meno riusciti) a cui mi sono molto
affezionato, in questa ricognizione, all'interno di un percorso analitico
necessariamente a ritroso.
Ho ritrovato canzoni, suoni, temi che avevo messo da parte. Dimenticato,
forse mai esplorato e conosciuto in maniera adeguata. Ora ho terminato questo
ciclo e posso andare avanti, oltre Bob Dylan. Ammesso che oltre Dylan, Van
Morrison, Edward Hopper, Tom Waits, Jack Kerouac, Paul Auster, Saul Bellow,
Martin Scorsese, Henry Miller, Franz Kafka, The Band e Neil Young, vi sia
davvero qualcosa di valido da scoprire, conoscere e analizzare. Ho qualche
dubbio, ma resto positivo e fiducioso. Qualcosa, prima o poi, capace di
attirare la mia attenzione salterà fuori.
Buona lettura, buona vita e buon viaggio, se vi va!
Link di lettura:
http://maggiesfarms.blogspot.com/
N.B. Illustrazione originale di Elena Artese
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