martedì 7 maggio 2013

Il Bello


Oggi ho iniziato le registrazioni della linea di basso di una canzone che ho scritto qualche mese fa; il pezzo si chiama il bello e rientrerà, se tutto va bene, nel secondo disco del mio gruppo: gli Zweisamkeit.

Lo so come premessa non è il massimo e so di starla prendendo alla larga; so anche che il primo pensiero che vi è venuto in mente è, con ogni buona probabilità: "esticazzi?!" ma se vi va di continuare a leggere voglio raccontarvi la genesi della canzone e già questo, come ben sapete, è un piccolo strappo alla "regola" poiché per critici e artisti seri bisogna lasciare il "mistero" all'opera d'arte; come se spiegando la meccanica di un parto si svelasse il mistero della creazione e della nascita.

Ma veniamo a noi: qualche mese fa, mentre lavoravo al computer, come talvolta mi capita, ho acceso il televisore e l'ho lasciato in sottofondo al minimo del volume. Ad un tratto sento la voce di Massimo Gramellini commentare una notizia nel suo stile oggettivamente molto televisivo e gradevole; raccontava di una donna che, a causa di un malore, era stata soccorsa nella metro di Roma. Alzo un po' il volume e faccio una certa attenzione.

Ebbene il vicedirettore de La Stampa parlava di questa  giovane madre che ogni mattina si svegliava molto presto per poter, dai sobborghi fino al centro di Roma, raggiungere il suo posto di lavoro, per tornare poi dalla sua famiglia, ormai stanchissima, a sera inoltrata. Alla fine non ce l'ha fatta più e s'è sentita male.

Il fatto in sé era di una banalità incredibile, ma la descrizione della situazione, della fatica devastante di questa giovane lavoratrice, dell'orrore delle facce grigie dei pendolari; carico di un pietismo sinistrorso e squallido, infetto da una iniezione di "meno male che io me la sono cavata e non mi tocca prendere la metro come un mortale qualsiasi" era così completamente priva di una reale empatia che mi ha fatto esplodere nelle vene una rabbia terrificante.

I "Gramellini" - che poi Gramellini in sé non è certo il peggiore, anzi - che sono poi la "parte buona" del mondo dei potenti italiani, sono così lontani dalla realtà da non riconoscersi minimamente nelle persone che popolano il mondo reale.

Mettiamola sul politico: l'1% non solo non si riconosce nel 99% ; non lo conosce nemmeno.
Ebbene allora io pretendo che non siano gli esponenti dell'1% a rappresentarci, a raccontarci, a cantarci ma soprattutto non devono provare pietà per noi.

Io in quella donna così stanca da sentirsi male ho rivisto la mia compagna, ho rivisto mia madre, le mie nonne e tutte le donne della mia vita; ho rivisto la loro forza, il loro sacrificio, il loro amore per la vita e la loro voglia di esserci e, anche se dolorosamente, ho provato un grande orgoglio.
Certo provo anche rabbia, ma mai, e dico mai, pietà.

Nelle facce grigie dei pendolari, che personalmente non mi sembrano poi così grigie - forse l'1% non avendo molta dimestichezza con la vita reale ha mutuato l'immaginario riguardante il mondo dei lavoratori da Metropolis, che fa pure tanto intellettuale - io vedo la forza degli uomini e delle donne che ogni giorno trovano la forza di alzarsi e di affrontare i mille piccoli e grandi problemi di ogni giorno - quelli che i vicedirettori di testata lasciano alle loro colf, che poi forse, un giorno o l'altro, si sentono male in metro - vedo l'orgoglio del lavoratore, la sopravvivenza della specie, l'amore e l'intelligenza, la rabbia e l'attrazione sessuale, la passione e l'eroismo della semplicità; vedo le mille cose che fanno la vita e che ai ricchi e agli idioti sfuggono.

Ed il bello è questo.

Ah si, è proprio per questo che la canzone si chiama il bello.
Quando la finiamo di registrare ve la faccio sentire e ci dite se v'è piaciuta.

Ciao!

Alessandro Matteo

Nessun commento:

Posta un commento

Facebook

Facebook
LA PAGINA DEL MALE