Dieci serie tv da vedere durante la quarantena - Prima parte
Premessa doverosa dopo il pezzo sui film
covid19:
Le scelte sono ovviamente dettate dal
gusto personale di chi scrive. Non hanno pretese di completezza non essendo chi
scrive onnisciente. Diverso il discorso dell’analisi dei singoli progetti.
Non sono un amante delle serie. Lo
premetto subito. L’esplosione di entusiasmo per la serialità in tempi attuali
non mi coinvolge. Così come, molte delle serie che vengono definite già di
culto, mi lasciano indifferente se non annoiato. Il concetto è, per me,
semplice. Una storia, nell’ambito filmico, ha bisogno di un tempo per essere
raccontata. Il tempo non è una scelta dell’autore, checché lui ne possa
pensare, ma dipende dalla storia stessa. Ci sono storie che si raccontano in 30
secondi. Alcune in 5 minuti. Altre in 90 minuti. Raramente una storia ben
narrata ha bisogno di più di 120 minuti.
Una rara eccezione, ad esempio, è Breaking
Bad, serie che necessitava (eccetto un paio di eccezioni evidenti) di tutto il
tempo che si è presa per far sì che il racconto fosse completo.
Molto spesso è un voluto allungamento di
un brodo che tendenzialmente piace a chi mastica poco il cinema. Questo discorso ovviamente non vale per
quelle serie in cui i personaggi hanno un ruolo (il poliziotto, il medico, ecc)
ed affrontano quotidianamente nuove sfide. Anche se, pure in quest’ambito ci
sarebbero da fare delle distinzioni fra chi ha usato delle efficaci maschere
per non far vedere che stava costruendo una telenovela.
Ma ho parlato abbastanza. Ecco cinqueseriecinque che sono piaciute ad uno che non ama le serie.
1) Dead
set
Lo so. Sempre con sti zombie. Ma regà che ci posso fare. Gli amori non
finiscono, fanno dei giri immensi e poi ti mordono. Serie ormai datata (risale
al 2008), che ha nella brevità (soli 5 episodi) il suo punto di forza. Oltre ad un’ottima storia, degli ottimi
attori e degli effetti speciali niente male. Scoppia un’epidemia zombie nel regno
unito. I concorrenti del grande fratello ne sono ignari fino a quando le cose
non cominciano ad apparire strane anche a loro (mancanza di dirette, la
produzione che non dà cenni di vita(ahahaha) ecc.ecc.). I “reclusi” televisivi
potrebbero essere gli ultimi sopravvissuti (chi faceva questa battuta in questi
giorni sappia che era meno originale di un cantautore indi(e) ). Ma,
ovviamente, il campionario vario di umanità lì raccolta vedrà le cose
svilupparsi in maniera diversa.
Il grande pregio della serie è l’analisi
di tutto ciò che ruota attorno al fenomeno del reality, dalla macchina
produttiva, alle famiglie dei partecipanti ai tecnici che convivono, seppur
separati, nello stesso spazio ristretto dei concorrenti.
Breve ma intenso.
2) Utopia
“Where’s jessica hyde?” Se vi fanno questa domanda non state
passando un bel momento. Altra serie con un po’ di anni alle
spalle. Trasmessa nel 2013 e chiusa dopo solo due stagioni, Utopia è un
magnifico orgasmo per tutti i complottisti del mondo. Che raccoglie
trasversalmente tutte le leggende che fanno parte del credo di questi adorabili
mentecatti. Così come ne riprende anche gli esponenti tipici, dal nerd
disadattato all’ignorante patentato. Cinque persone molto diverse fra loro,
accomunate dal solo fatto di possedere una copia di una rarissima graphic
novel, “The Utopia Experiment”, si ritrovano perseguitati da un’organizzazione
chiamata The Network (lagggentevuolesapere!!!), che ha come piano uno sterminio
di massa (vi ricorda qualcosa? Ecco…vedetevi la serie.). Nel fumetto sarebbero rivelate tutte le
modalità ed i punti cardine del piano e dell’organizzazione. Quindi chi ce l’ha
deve morire. Se la cosa vi ricorda il famoso gioco di
carte “The illuminati” siete dei complottisti! La serie ha il suo punto di forza nei
personaggi, in quella freddezza tipica delle serie britanniche (che riescono
solo per questo ad essere sempre superiori alle serie americane) ma,
soprattutto, nella totale assenza di flat characters. Nessuno dei personaggi
che si vedranno nelle due stagioni rimarrà uguale a sé stesso. A tutto ciò va aggiunta un’estetica che
farà scuola da quel momento in poi per altre serie e videoclip ben più noti. Il programma è stato ovviamente cancellato dai poteri forti. O perché non aveva grandi
ascolti. (chissà se oggi con internet si riuscirebbe a convincere la
produzione a fare un’ultima stagione).
Scegliete voi!
3) Preacher
Amo moltissimo il fumetto di Ennis e
Dillon da cui questa serie è presa. L’ho vista appena uscita e ne ero rimasto
molto deluso. Già alcune scelte di cast mi avevano reso pesantemente perplesso.
Ma l’inizio, per chi è un cultore del comic, è stato deludente. Dopo anni gli ho ridato una possibilità. Devo
ammettere che mi ero sbagliato. La serie è fedele allo spirito del fumetto (e
qui non si può che ringraziare Seth Rogen che ha fortemente creduto nella
serie, insistendo per produrla), ma è una cosa parzialmente diversa, com’è
giusto che sia. Molte cose cambiano, rendendo anche i personaggi più credibili
rispetto alle “figurine” alla John Wayne che quell’esaltato di Garth Ennis
aveva creato. La cosa che più ho amato è che non si lesina nulla. C’è tutto ciò
che doveva esserci. Violenza, sangue, blasfemia e azione. Tutto ben fatto e ben
dosato. Se proprio questo non vi basta e volete
uno stralcio di trama sappiate che parla di un potere, “Genesis”, sfuggito dal
paradiso per possedere Jesse Custer, predicatore in piena crisi di fede. Un
potere talmente forte da spaventare Satana ma persino Dio in persona. Anzi, in
tre persone. Ma non il Santo degli Assassini. Anche questa serie stava per essere
cancellata. Ma a furor di popolo internettiano è stata portata a compimento con
la quarta ed ultima serie!
4) The
Boys
E riecchilo! Altra serie ispirata ad un
fumetto di Garth Ennis (vedi su). Purtroppo non conosco l’originale a vignette (ma
provvederò…oh se provvederò). Finora ferma alla prima stagione. A breve, si
spera, dovrebbe uscire la seconda parte. In un mondo in cui i supereroi
esistono, ma sono gestiti da un’agenzia privata, qualcuno “ogni tanto” perde un
proprio caro nelle azioni di emergenza di questi nuovi dei. Qualcun altro non
ci sta. E decide di dare filo da torcere a questo sistema in un mondo para-nazista.
In cui, però, i buoni sono per la società i cattivi ed i cattivi sono i buoni. Già
nella prima serie c’è di tutto. Quesiti sul libero arbitrio, operazioni di
promozione di facciata per coprire quintali di escrementi governativi, analisi
delle motivazioni strettamente personali che spingono i singoli personaggi. Il
tutto condito col solito piglio di Ennis. Il che, come detto, vuol dire,
sarcasmo, rifiuto del potere misto a machismo ed antimachismo ed eroismo ed
antieroismo. Insomma tanto sangue e tante chiacchiere. Con discorsi a là
Tarantino (che sono ispirati ai fumetti di Ennis, quindi coevi o precedenti a quentino)
incredibilmente divertenti. Dopo un discorso mi sono mancate persino le Spice
Girls. Ho detto tutto.
5) Z
Nation
Dagli zombi siam partiti e con gli zombi
finiamo. Chi la conosce sa perché bellissima. Per chi non la conoscesse è una
serie prodotta dalla Asylum (nota per i suoi prodotti low budget volutamente al
limite del ridicolo) per la rete americana SyFy andata in onda dal 2014 al
2018. Ben cinque stagioni. Nata come versione scrausa di The Walking Dead ne ha
ampiamente sorpassato la qualità sotto tutti i punti di vista. Non mi
soffermerò qui sul perché TWD è una pessima serie, ma basterà dare una scorsa
ai motivi per cui Z Nation è una bella serie. La trama è inizialmente semplice.
Anzi di più. Una fotocopia di TWD. Un gruppo di sopravvissuti si ritrova
assieme allo scoppiare di un’epidemia zombi. Però, per prima cosa, la serie
inizia quando l’epidemia è già in corso da un po’. Parte facendoci vedere dei
carcerati che vengono forzatamente sottoposti a degli esperimenti per un
vaccino anti z(eh già. Pure qua i vaccini). Subito dopo l’iniezione del vaccino ci sarà
un’irruzione di zombie nella sede del laboratorio. Un carcerato, Murphy,
sopravviverà ai morsi degli zombie. Da lì partirà una storia incredibile in
perenne evoluzione, quando Murphy, abbandonato e sopravvissuto, si unirà all’eterogeneo
insieme dei protagonisti. Murphy diventerà la speranza del genere umano. Ma sarà
anche molto altro.
Z
Nation non batterà mai sul lato
tragico e da soap opera dei rapporti fra i protagonisti. Pur non mettendo mai
da parte l’interazione umana, la criticità delle relazioni, il razzismo e la
diffidenza reciproca, ma, semplicemente trattandoli in maniera meno
melodrammatica e, paradossalmente, più realistica. In tutto questo, però, il prodotto
Asylum, non dimenticherà mai di essere intrattenimento, fornendo quasi in ogni
puntata delle scene di lotta ed uccisione zombi estremamente fantasiose ed in
linea di massima molto ben fatte (facendo propria la lezione di Zombieland).
Il cast è ottimo, sia per la costruzione
dei personaggi (più vari e tutto sommato più realistici, anche per la scelta
dei volti, rispetto a TWD), sia per la recitazione degli stessi, nei momenti
drammatici e nei momenti comici o sopra le righe(frequentissimi). Ma la cosa che più mi ha entusiasmato di
Z Nation è stato il progredire fantascientifico della trama. Con gli umani, che
in puro stile Romeriano, anche in epoca di tragedia continuano a fare errori su
errori sempre più grossolani. Anche quei residui di governo, o governi, rimasti
compiono ogni volta degli errori sempre più grandi, portando spesso a delle
evoluzioni mutanti degli zombie che, oltre ad essere pericolosissime, rendono
la serie più accattivante e sempre sul filo del rasoio. In tutto questo, la
figura di Murphy, la sua evoluzione, la sua interazione con gli zombie sembrano
ancor di più la naturale continuazione di quel discorso evolutivo iniziato da
Romero con i personaggi di Bub e Big Daddy. A questo, come già detto,
aggiungete palle rotanti di zombie, zombie fresati, uccisioni fantasiose,
spiattellamenti e chi più ne ha più ne metta. Quando la fine del mondo sarebbe
davvero divertente.
Fine prima parte
Scritto da Mauro Nigro, regista, fondatore di N2 video productions e appassionato di cinema e tv
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