TRA MITO E REALTA'
“Un sabato qualunque, un sabato italiano” cantava Sergio Caputo negli anni '80, quando il sabato
sera ci si divideva come in fazioni politiche tra le pizziate parrocchiali e di quartiere, gli
appuntamenti con i compagni di liceo, davanti ai fast food di casa nostra, e le discoteche
scintillanti e ricche di cocaina, nei cessi del piano di sotto.
Sono passati trent'anni da quei favolosi anni '80 e forse non ci siamo accorti che la sera del
sabato è ancora scandita da ritualità e usi per niente tramontati e forse solo in parte
rivisitati.
Qualche sabato fa mi è capitato di trascorrere una serata con alcuni amici in una pizzeria non
lontana dal centro di Milano.
Ci siamo ritrovati catapultati dopo secoli in una classica tavolata
italiana, almeno 25 persone, con l'impossibilità di risalire agli intrecci che legavano gli uni agli
altri in quel tavolo. La pizzeria adottava quel sistema in voga negli ultimi anni: “All you can
Eat”, ovvero mangia fin che puoi!
Questo motto si traduce nei fatti in camerieri che ti lanciano
pezzi di pizza nei piatti, gente che rincorre camerieri con in mano pezzi di pizza alle acciughe,
insomma una piacevole bolgia italiana in un sabato autunnale.
Tutto nella norma, ma mancava un elemento ad arricchire e completare la serata: un vero must del sabato italiano: l'animatore della
serata.
Così dal fondo della sala ecco che spuntava un ragazzo non molto magro, con una polo stile
impiegato del catasto, con la pancetta e l'accento similmente vicino a quello campano. Era lui, L'ANIMATORE!
L'essere mitologico più temuto in questo tipo di locali.
L'incubo di ogni individuo dotato di un minimo di sensibilità e senso del pudore.
L'animatore in genere viene scelto non per la sua bravura o intelligenza, ma al contrario, per la
sua ignoranza e poca sensibilità. Anzi, più sei stato una capra a scuola e più avrai possibilità di
fare l'animatore da grande! Te lo scrivono anche gli insegnanti nelle scuole sperimentali sulle
schede orientative agli esami di terza media.
Solitamente l'animatore nelle mattine in cui non fa
l'animatore si dedica ad altri tipi di lavori, nella maggior parte dei casi è commesso in un
negozio di scarpe o vende auto usate o quando gli va male procaccia affari di ogni tipo: dai
telefonini agli affitti di appartamenti in nero. Alcuni lavorano anche nei call center outbound, pare.
L'animatore veste davvero come qualsiasi
impiegato statale nelle giornate più calde dell'estate, indossa scarpe da tennis e se hai la
sfortuna di essere avvicinato ha sicuramente l'alito puzzolente.
Il suo repertorio non prevede mai colpi di genio, vive sull'eredità di chi lo ha preceduto, per
questo il karaoke è il suo pezzo forte e se hai “culo”ti propone un gioco collettivo sul maxi-schermo.
E infatti, quella sera ci propinò un gioco di gruppo, una sorta di “Chi vuol essere
milionario” de noialtri, una sfida tra tavolate a chi ne sapeva di più in discipline che andavano
dallo sport alla grammatica, dalla storia alla cucina.
Dopo qualche domanda, il gioco ravvivò
l'interesse di tutte le tavolate, anche di quelle più scettiche, gente che gridava la risposta più
giusta, gente che bestemmiava e gente che sperava di vincere davvero.
Ovviamente avesse giocato
lui, l'animatore della serata, non ne avrebbe azzeccata nemmeno una, ma questo è solo un dettaglio. La cosa più sconcertante è stata assistere al successo della serata, a riprova che il
sabato sera, al di là delle mode e dei momenti, rimane un momento di vera italianità, un trionfo
del made in Italy, un orgoglio nazionale, perché in fondo “il peggio SEMBRA essere passato...”
Andrew "Clear" Bevacqua
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