mercoledì 10 aprile 2013

La partigianeria (della satira e della ferocia)


Uno degli aspetti più frequenti relativo alla satira è la feroce critica della battuta in quanto ritenuta espressione di un pensiero politico che non si condivide o che si avversa, facendo addirittura passare in secondo piano il fatto o il personaggio oggetto della stessa e che a causa di ciò sono quindi sottratti alla indignazione o al dileggio che si vorrebbero invece suscitare.

Questo, spesso, è dovuto al fatto che chi legge una battuta la ritiene esclusivamente l’espressione della partigianeria dell’autore della stessa, scordandosi quindi che può anche avere lo scopo di evidenziare una criticità e non essere necessariamente la manifestazione di un pensiero politico dell’autore che nella realtà può addirittura coincidere con quello della parte politica che si critica.

A questo punto, quindi, entra in ballo il cosiddetto “senso dell’umorismo” del fruitore dell’argomento satira, che dovrebbe consentire di cogliere in una battuta l’elemento naturale alla base, espresso dalla locuzione latina “Castigat ridendo mores” (“correggere i costumi ridendo”).

Questa iscrizione, posta sul frontone di vari teatri, è dovuta al poeta latinista francese Jean de Santeul e fondamentalmente vuole porre l’attenzione sul fatto che l’umorismo e la satira, spargendo il ridicolo sui vizi e difetti degli uomini e sulle loro vicende, danno un contributo importante per la riforma dei costumi della vita sociale e politica di ogni collettività; svolgendo una funzione di stimolo del senso critico e non di faziosità messa a servizio del credo politico avversario di quello il cui esponente o comportamento vengono presi di mira.

Carmelo Fratantaro (Zingaro)

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LA PAGINA DEL MALE